Goti

Definizione

Joshua J. Mark
da , tradotto da Gennaro Meccariello
pubblicato il
X
translations icon
Disponibile in altre lingue: Inglese, Francese, Spagnolo
Visigothic Fibula (by Walters Art Museum, CC BY-SA)
Fibula Visigotica
Walters Art Museum (CC BY-SA)

I Goti erano una popolazione germanica nota, prevalentemente, grazie al ruolo avuto nella caduta dell'Impero Romano e per il modo in cui conquistarono l'Europa del Nord, a partire dall'Italia. È probabile che prima di entrare in contatto con Roma, avessero avuto una lunga storia, ma di essa non ci è giunta alcuna testimonianza.

Erotodo li aveva denominati Sciti, ma è necessario notare come lo storico greco definendo i popoli da lui considerati "barbari", fosse solitamente poco puntuale e, probabilmente, designò i Goti come "Sciti" soltanto perché vivevano nella regione intorno al Mar Nero, nota, tradizionalmente, con il nome di Scizia.

Rimuovi la pubblicità
Advertisement

Gli studiosi moderni hanno rifiutato l'identificazione dei Goti con gli antichi Sciti. La fonte principale della storia dei Goti è l'opera di Giordane, edita nel VI secolo: "De origine actibusque Getarum", nota come "Getica". In essa è riportata una versione quasi mitica degli eventi riguardanti questa popolazione, tanto che la sua ricostruzione dei fatti è accolta con cautela da alcuni studiosi e rifiutata in pieno dagli altri. L'opera di Giordane è la sintesi ed insieme una selezione degli argomenti di un più ampio memoriale, poi andato perduto, redatto da Cassiodoro, generale romano che prestò servizio nell'esercito del re goto Teodorico il grande (c. 454-526). Tuttavia il memoriale di Cassiodoro è prevalentemente il resoconto apologetico del regno di Teodorico, in cui è possibile leggere l'intento ideologico di voler dare ai Goti un passato illustre, legittimando al contempo il loro gruppo dirigente. Da dove provenissero originariamente i Goti non è noto.

NON SI PERCEPISCE BENE L'IMPORTANZA DEI GOTI SE NON SI COMPRENDE CHE SENZA DI LORO IL MONDO MODERNO NON ESISTEREBBE.

Sono citati per la prima volta, nella storiografia latina, da Plinio il vecchio [Naturalis historia IV, 99], quando riporta il resoconto dei viaggi di esplorazione di Pitea nell'Europa settentrionale e delle sue interazioni con una delle tribù germaniche che lui chiama Gutoni, poi identificata con i Goti (associazione confermata anche dai resoconti di Tolomeo, scrittore vissuto pochi anni dopo di Plinio). I Goti sono trattati in modo più diffuso e descritti nel dettaglio da Tacito, nella sua opera sulla Germania (De origine et situ Germanorum 98 d.C.). Inoltre sono descritti e citati da scrittori più tardi, tra cui Ammiano Marcellino, che compose la continuazione delle Storie dello stesso Tacito (Rerum gestarum libri c. 390).

Rimuovi la pubblicità
Advertisement

In fine Cassiodoro li definì e li suddivise in "Visigoti" (Goti occidentali) ed "Ostrogoti" (Goti orientali), ma in realtà loro non si riconobbero mai in queste categorie. La controversa affermazione che i Visigoti fossero in origine governati da una stirpe denominata Balti (o Balthi) e gli Ostrogoti dalla nobile stirpe di Amal sembra aver un qualche fondamento, pur essendo stata senz'altro enfatizzata da Cassiodoro o, forse, da Giordane.

Probabili origini e migrazioni

Secondo Giordane, che era di origini gote, i Goti provenivano dalla Scandinavia, infatti nel "De origine actibusque Getarum" scrive:

Rimuovi la pubblicità
Advertisement

Si dice che i Goti, moltissimi anni orsono, quando era loro re Berig, partirono dall'Isola di Scandza, quasi come se essa fosse il grembo da cui si generano le genti o la fucina in cui si forgiano i popoli. Quando attraccarono le loro imbarcazioni, mettendo piede su quella terra, essa prese il loro nome e, fino ad oggi, è detta Gothiscandza. [IV (25)]

Alcuni storici, tra i quali Peter Heather, hanno identificato Gothiscandza con Gdansk (Danzica), nell'odierna Polonia. Tale ipotesi è corroborata, seppur non in modo puntuale, da alcuni ritrovamenti archeologici. Tuttavia non è accettata da tutti gli studiosi, ed in particolare da Michael Kulikowski. Quest'ultimo sostiene infatti che, essendo gran parte dell'opera di Giordane di dubbia affidabilità ed allo stesso tempo l'unica fonte a noi nota sulla storia più antica dei Goti e sulla loro migrazione, l'ipotesi della Scandinavia come loro origine deve essere rifiutata.

Gothic Warriors
Truppe dell'esercito dei Goti
Amplitude Studios (CC BY-NC-SA)

A ciò Heather ribatte affermando che: "Le prove sono più che sufficienti per poter designare le migrazioni dei popoli germanici dal Nord come la maggiore tra le componenti del cambiamento epocale avvenuto nel terzo secolo" (114). Inoltre egli rimane convinto che questa migrazione si sarebbe verificata secoli prima del periodo in cui i Goti ebbero un ruolo di primo piano nella fine dell'Impero romano e nel diramarsi di nuovi assetti politici nei territori dell'Europa del Nord. Se si accettano le origini Scandinave dei Goti è necessario condizionare una tale conclusione alla credibilità data alle notizie forniteci da Giordane nei suo scritti ed alle interpretazioni delle prove archeologiche riguardanti i ritrovamenti avvenuti in Polonia.

Kulikowscki dice, inoltre, che l'ipotesi di territori più a Nord rispetto al Mar Nero quale regione di provenienza dei Goti non è nient'altro che una "congettura derivata dal testo", volendo così evidenziare quanto, secondo lui, l'interpretazione dei ritrovamenti archeologici sia stata indicizzata per renderli rispondenti alla narrazione di Giordane, piuttosto che ponderati nel loro effettivo valore (Heather, 113). Il dibattito e ben lontano dall'essere finito e, ad oggi, non ci sono state significative novità tali da avvalorare le conclusioni dell'una o dell'altra parte.

Rimuovi la pubblicità
Advertisement

Per quanto possa essere probabile che l'odierna Danzica sia l'erede dell'antica Gothiscandza, nemmeno le oltre 3.000 sepolture gotiche, datate tra il I ed il IV secolo d.C., scoperte nel 1873 nella Pomerania Orientale, in Polonia, ci danno la certezza di una tale deduzione, ma sicuramente costituiscono un dato concordante con l'assunto. Tale ritrovamento dà il nome alla facies culturale di Wielbark, così denominata dal villaggio dove le tombe sono state scavate. È superfluo dire che le sepolture entrano, diventandone argomento, nella medesima polemica storiografica sulla rispondenza storica della ricostruzione dei fatti data da Giordane. Cosicché per alcuni studiosi esse ne costituiscono una prova, per altri, semplicemente, sono state interpretate in tal senso, sotto l'influenza dello storico di origine gotica.

Lo storico Walter Goffart, ad esempio, è dalla parte di chi sostiene che non si possa interpretare le evidenze dell'archeologia nel contesto dell'opera di Giordane, per via della sua inaffidabilità. Nella lettura di Goffart, non esiste alcuna storia dei Goti prima della loro federazione con Roma e delle notizie date su di loro dagli storici latini. Goffart afferma:

Ogni rigorosa ricostruzione dei fatti storici si basa su di un certo numero di prove, piuttosto che su di una catena di ipotesi e deduzioni; per quanto sia possibile scrivere la storia antica dei Goti, le basi documentarie per farlo sono scarse. (8)

Se davvero essi si spostarono migrando dal Nord del Mar Nero verso l'Europa orientale, ad un certo punto si diressero verso Sud popolando il territorio della Germania.

Rimuovi la pubblicità
Advertisement

I Goti prima delle interazioni con i Romani

Il primo storico latino a dare conto dell'esistenza dei Goti, in Germania, fu Tacito. Egli li indicò tra le componenti della popolazione dei Germani, che al suo interno era omogenea e coesa, essendo costituita da valorosi combattenti, nativi di quei territori. Così Tacito, in alcuni noti brani sui Germani:

Concordo con l'opinione di chi ritiene che i popoli della Germania siano esenti da mescolanze con altre genti, essendosi stabilizzati come gruppo a sé, omogeneo al suo interno. Da ciò scaturisce anche il loro aspetto fisico, del tutto uguale, seppur in un così grande numero di uomini: azzurri e minacciosi gli occhi, biondo rossastri i capelli, grande la struttura fisica, così utile negli assalti. Non ugualmente si può dire della resistenza alla fatica dei lavori duri; considerata la natura dei luoghi, sono avvezzi al freddo ed alla fame, ma per niente al caldo ed alla sete. (De origine et situ Germanorum IV)

A vedere le loro armi, tra di loro non è molto diffuso l'utilizzo del ferro. In pochi usano la spada o grandi lance: portano con sé aste, o come si dice nella loro lingua framee di ferro strette e lunghe, ma così appuntite e maneggevoli che, a seconda delle circostanze, è possibile adoperarle tanto da vicino, quanto da lontano. Anche i cavalieri si aggradano di equipaggiarsi con la framea ed uno scudo, mentre i fanti, nudi o coperti di un piccolo mantello, lanciano armi da getto, scagliandone tutti un gran numero a grande distanza. Non hanno ornamenti, soltanto gli scudi sono rifiniti con i colori più graditi. In pochi vestono la corazza, quasi nessuno porta l'elmo di metallo o di cuoio. I cavalli non si fanno notare per la bellezza e neanche per la velocità. I cavalieri non sanno variare le conversioni così come facciamo noi; guidano i cavalli in linea retta o con una sola virata verso destra, tenendosi però allineati nello schieramento, in modo che nessuno rimanga indietro. Preso nel suo insieme, lo schieramento è incentrato sulla fanteria; data la velocità dei fanti che è simile ed adatta allo scontro con gli equestri, combattono mischiati ed i fanti, scelti fra tutta la gioventù, si dispongono in prima linea. (VI, 1-3)

Scelgono i re in base alle loro origini, i capi per il valore. I re non hanno un potere illimitato ed assoluto. I capi comandano più con l'esempio che con l'autorità, ottengono il consenso grazie alla loro audacia, mettendosi in luce nelle battaglie, quando combattono in prima linea. (VII, 1)

Non si presentano ad alcun affare, pubblico o privato, senza essere armati. Ma è d'uso che nessuno prenda le armi prima di esserne stato giudicato idoneo dalla tribù di appartenenza. (XIII, 1)

Durante la battaglia è disonorevole per il capo essere superato in valore. È disonorevole, in egual modo, per il suo seguito, non uguagliare il valore del capo. È inoltre considerata un'onta infamante per tutta la vita, essere ritornati da una battaglia essendo superstiti al proprio capo. L'obbligo più solenne è difenderlo e proteggerlo, attribuendo alla sua gloria anche le proprie imprese: i capi lottano per la vittoria, i gregari per il capo. (XIV, 1)

Quando non vanno in guerra, raramente passano il tempo cacciando e preferiscono riposare non facendo nulla, dedicandosi al sonno ed al cibo. Pur essendo prestanti e bellicosi, dopo aver affidato la casa, la cura della famiglia e dei campi alle donne, agli anziani ed ai più deboli della tribù, oziano. (XV, 1) La loro bevanda è un liquido ricavato dall'orzo o dal frumento che ha qualche somiglianza con il vino. (XXIII)

La dettagliata e controversa descrizione qui riportata ben si adatta ai resoconti posteriori riguardanti i Goti, tuttavia gli storici consigliano molta prudenza nel sostenere che, gli ultimi Goti, siano la medesima popolazione citata nelle pagine di Tacito. Così come per la gente degli Alemanni, si ritiene che l'identità tribale dei Goti abbia subito una trasformazione tra il I secolo, quello in cui scriveva Tacito, ed i secoli III e IV, epoca da cui provengono molte delle nostre ulteriori fonti. A tal proposito, Heather scrive:

Tutte le nazioni germaniche, che erano il nucleo costitutivo delle varie formazioni politiche che si sostituirono all'Impero romano in questo periodo - Goti, Franchi, Vandali e tutti gli altri - possono essere individuate come le nuove unità politiche, nate dall'evolversi delle vicende, ma contando su di un'ampia disparità di canali di reclutamento, alcuni dei quali non erano neanche del medesimo ceppo linguistico germanico. Le singole realtà politiche così formatesi dalle popolazioni germaniche nel primo millennio, non furono dunque gruppi chiusi con una loro continuità storica, ma entità che potevano nascere ed essere in poco tempo distrutte o fagocitate, e che, nel corso dei secoli, si ampliavano o diminuivano secondo le circostanze storiche. (20)

I Goti che in seguito, prima si allearono e poi combatterono contro gli Unni, furono al fianco dei Romani in una prima fase ed in guerra contro Roma successivamente, potrebbero non essere la stessa popolazione descritta da Tacito ma, diversamente dagli Alemanni, visto il modo in cui le descrizioni più tarde concordano con le precedenti, sembra esserci una forte probabilità che lo fossero. Ad esempio di ciò si può citare la religione, poiché i Goti descritti da Tacito praticavano gli stessi riti tribali del paganesimo nordico, difeso nel IV secolo dai re goti come Atanarico. Il culto degli antenati, il rispetto per la natura con il riconoscimento di siti naturali ritenuti sacri ed i totem tribali erano sia componenti della religione dei Goti del I secolo, sia degli ultimi Goti, fino alla loro conversione al Cristianesimo.

Lingua e Religione

La lingua dei Goti ci è nota grazie alla traduzione della versione greca della Bibbia nella lingua gotica, eseguita dal missionario Ufila intorno al 350 d.C. La lingua apparteneva sostanzialmente alle lingue germaniche, benché sembra che differisse sensibilmente dagli altri idiomi parlati nella regione. La versione in lingua gotica della Bibbia è basata su quella scritta in onciale greca (scrittura di sole lettere maiuscole) da cui Ufila attinse per tradurre la sua Bibbia in caratteri runici. Non sappiamo se la lingua fosse mai stata in precedenza fissata su di un supporto scrittorio e, dato che non ne abbiamo altre prove superstiti oltre ai frammenti della Bibbia di Ufila, non c'è risposta a questa domanda. Tuttavia, molti studiosi credono che Ufila sia stato il primo a creare un documento scritto, dalla lingua gotica parlata.

L'impegno di Ufila, ovviamente, era finalizzato a favorire la sua opera missionaria presso i Goti, ma ciò non fu ben accetto a molti Goti ed, in special modo, dai capi dei Goti. La loro religione, prima della conversione al Cristianesimo, come si è accennato nel precedente paragrafo, era un'espressione del paganesimo nordico, dove prevalevano le divinità nordiche e si dava molta enfasi alle presenze spirituali legate a determinati luoghi ed alle anime dei defunti.

Il Cristianesimo mostrò loro una visione dell'universo completamente differente, con un solo Dio, nell'alto dei cieli, che ha inviato suo figlio sulla terra per redimere le anime e salvare il genere umano. Ma il Cristianesimo fu visto come la "Religione dei Romani", e quindi come una minaccia per le tradizioni dei Goti, portando le elite gotiche ad assumere iniziative per fermare l'opera dei missionari tra la loro gente. Spesso tali iniziative presero la forma di persecuzioni brutali, portando le famiglie a scontri fratricidi e potrebbero aver avuto un ruolo non secondario nella successiva guerra civile gotica. Tuttavia, le autorità gotiche, decisero di sopportarne le conseguenze, pur di tenere sotto controllo l'influenza di Roma.

I Goti e Roma

Il primo attacco dei Goti a Roma avvenne nel 238 d.C., allorquando assaltarono Histia, città situata nell'odierna Ungheria, appartenente ai territori dell'Impero sin dal 30 d.C. Non è chiaro cosa portò i Goti a condurre l'attacco, ma, molto probabilmente fu la debolezza dell'Impero in quel periodo, a rendere tali città di confine un obiettivo appetibile per i Goti ed i loro alleati, data l'impossibilità dei Romani di contrattaccare con la medesima efficacia di un tempo.

Military Camp in Medieval Northern Europe
Accampamento militare nell'Europa del Nord medievale
Mohawk Games (Copyright)

Infatti Roma, all'epoca, attraversava il periodo noto come crisi del III secolo (235-284), durante la quale l'Impero si trovò in uno stato di perenne sommovimento, motivo, non a caso, della sua scissione in tre differenti entità. Qualunque fosse stata la vera ragione dell'attacco iniziale, i Goti proseguirono mettendo in atto ulteriori incursioni nei territori controllati dai Romani. In pochi decenni a partire da Histia, i Goti misero a segno molte vittorie sui Romani. Tra queste ricordiamo la battaglia di Abrittus, nel 251, dove i Romani furono sbaragliati dal re goto Cniva (c. 250-c. 270) e l'Imperatore Decio ed il figlio rimasero entrambi vittime degli scontri.

Inoltre i Goti, con una nuova flotta d'imbarcazioni, imperversarono nella zona costiera effettuando atti di pirateria. Stabilirono così il controllo sulla regione, mantenendolo fino a quando, nel 270, furono sconfitti dall'Imperatore Aureliano (270-275) in una battaglia in cui il re goto Cannabaude (probabilmente lo stesso già ricordato con il nome di Cniva) fu ucciso insieme e 5.000 dei suoi uomini, mentre la rimanente parte della popolazione fu deportata in Dacia (odierna Romania).

A questo punto della loro storia, i Goti erano per i Romani più simili ad animali feroci che ad uomini, essendo stati dannosi come una specie infestante. Lo storico Herwig Wolfram descrive il modo in cui, nel III secolo, i Romani vedevano i "Barbari" in generale, ed i Goti in particolare, con queste parole:

Loro sono Barbari; la loro lingua non sembra neanche umana, ma è piuttosto simile ad un balbettìo fatto di rumori. I Barbari, inoltre, pur essendo fianco a fianco o, d'improvviso, parlano linguaggi differenti, poiché nel loro modo di vivere la lingua non è uno dei criteri di appartenenza al gruppo tribale. Sotto i colpi delle loro orribili canzoni la lirica classica degli antichi poeti va in frantumi. La loro religione è soltanto superstizione e benché non sia in effetti paganesimo, ben difficilmente la si può ritenere un Cristianesimo corrotto o peggio di un'eresia. Tutto ciò perché i Barbari non sanno né pensare né tantomeno agire in maniera razionale, le dispute teologiche non sono per loro. Quando si avvicina una tempesta, temono che stia cadendo il cielo e, qualunque sia il loro vantaggio, abbandonano il campo di battaglia e fuggono. Nello stesso tempo, sono dominati da un orribile desiderio di morte: non vedono letteralmente l'ora di morire. Tutti, persino le donne prendono parte alla battaglia. I Barbari sono in preda a spiriti demoniaci; sono posseduti da demoni che li portano a commettere le azioni più nefande. Più semplicemente si può dire che i Barbari somigliano più a belve che ad uomini, concludono i contemporanei, chiedendosi se essi siano in qualche modo assimilabili agli uomini. (6)

Sebbene i Goti fossero considerati esseri inferiori dai Romani, ciò non impediva all'esercito romano di arruolarli nelle proprie truppe. I Goti combatterono a fianco dei Romani nella Guerra contro i Persiani, venendo impiegati nel 244 durante la Battaglia di Mesiche, che si concluse con la sconfitta dell'esercito romano e l'ascesa al potere di Filippo, Marco Giulio, detto Filippo l'Arabo (244-249). La più consolidata storiografia sui Goti, sostiene che continuarono a mettere in atto scorribande nei territori dei Romani, anche mentre alcuni dei loro combattevano nei ranghi di Roma, fino a quando essi stessi diedero un non trascurabile apporto alla caduta dell'Impero. Tuttavia, gli studi più recenti, hanno provato a mettere in crisi la versione tradizionalmente accettata dei fatti, così come scrive, ad esempio, Goffart:

Secondo lo schema più consolidato, le popolazioni germaniche furono in movimento sin dal III o dal I secolo a.C., creando migrazioni di massa, con cui le tribù più a Nord si riversavano verso quelle stanziatesi a Sud nei secoli precedenti. Tale movimento agì in modo graduale ma distruttivo sulla frontiera segnata dai Romani, che comunque riuscì ad arginare l'avanzata delle popolazioni barbare per molti secoli, fino ad esserne travolta tra il III ed il IV secolo d.C. Quindi la moltitudine di appartenenti alle popolazioni germaniche, tracimarono nei territori imperiali e vi si stabilirono. Eppure quest'ultima fase sembra essersi rivelata piuttosto modesta: quelli che vi furono coinvolti erano gruppi poco più consistenti di manipoli di persone, ognuno di essi poteva contare scarsamente qualche decina di migliaia di componenti, tra i quali, molti, ma non tutti, si stabilirono nelle provincie dell'Impero, senza estromettere o sovvertire le popolazioni indigene. (4-5)

Oggigiorno, invece, è prevalentemente ritenuto che tra 238 ed il 400 circa, cioè mentre abbiamo dati affidabili in merito agli scontri tra gli eserciti dei Romani e dei Goti (ovvero la prima Guerra Gotica del 376-382), una considerevole parte della popolazione dell'Impero Romano era composta da Goti, i quali adottarono il modo di vivere dei Romani. Molti dei fatti d'arme avutisi nella prima Guerra Gotica, erano nient'altro che il risultato di controversie nate dall'osservanza tradita di accordi territoriali, o di maltrattamenti dei Goti da parte dei Romani.

Prima dell'invasione del 238 d.C., i Goti avevano vissuto lungo i confini dell'Impero, senza essere né amici né nemici di Roma. Dopo il 244 c'erano Goti che vivevano come Romani, e molti di essi prestavano servizio nell'esercito, mentre altri continuavano a vivere dove avevano sempre vissuto, mantenendo la loro cultura. Quelli che si erano insediati nei pressi dei confini romani, o nelle provincie romane stesse, si distinguevano da quelli rimasti nelle regioni più remote. Quest'ultimi, col tempo, sarebbero stati identificati come Visigoti, dal nome del contingente nel quale prestavano servizio: Visi-Vesi (sebbene il loro nome fosse Turingi), mentre tutti quelli rimasti dove avevano vissuto da sempre, furono denominati Ostrogoti (il nome d'origine era Greutungi).

Queste denominazioni più recenti, non furono il frutto di una diffusione spontanea, ma ne dobbiamo l'introduzione a Cassiodoro, che nel VI secolo chiamò i Goti dell'Ovest "Visigoti" ed i Goti dell'Est "Ostrogoti". Ciò non significa sostenere che nessuno degli Ostrogoti prestasse servizio nelle legioni romane, o che neanche un Visigoto vivesse in Germania. Piuttosto sembra che i due nomi fossero stati dati per semplificare la distinzione tra le popolazioni prevalentemente insediate in un'area o in un'altra, ed anche, altrimenti, per distinguere quelli che combattevano contro Roma o al suo fianco.

Atanarico e Fritigerno: la Guerra Civile Gotica

Nei primi anni '70 del IV secolo, si ebbe un'importante scissione tra i Goti Turingi, come conseguenza della guerra intestina combattuta tra Atanarico e Fritigerno. Wolfram ne parla in questi termini: "Il modo confuso con cui ci sono giunte le notizie su questa guerra, non ci consente di stabilire il periodo preciso in cui ebbe luogo" (70). Atanarico era re dei Goti (alcune fonti ritengono che fosse il primo re dei goti in ordine di tempo), rivestendo la carica riconosciuta dai suoi come reiks (pronuncia "rix") che significa "giudice". I testi più antichi che ci parlano dell'argomento riferiscono, inoltre, che negli anni della sua gioventù Atanarico aveva promesso solennemente al padre, giurandolo, che non si sarebbe mai fidato dei Romani né mai avrebbe messo piede nei loro territori.

Tuttavia, gli studiosi a noi più vicini, pur non detraendo tale ipotesi, ribattono che il suo ruolo di giudice gli proibisse di lasciare la regione dove vivevano i Goti, perché egli personificava un'istituzione fondamentale per il suo popolo, non potendo in nessun modo sminuire il suo ruolo, allontanandosi verso altre terre (che per la sua religione sarebbero state sotto la guida di altre divinità) e lasciando la sua gente senza un capo, nemmeno per un breve periodo.

Qualunque ragione abbia avuto, Atanarico era nemico giurato di Roma, mentre Fritigerno cercò di accattivarsi il favore di Roma attraverso un patto con l'Imperatore Valente. Ulteriori ostacoli tra i due erano le differenze riguardo la religione. Fritigerno era un Cristiano di credo ariano, mentre Atanarico continuò a seguire le credenze pagane tradizionali del suo popolo che, in quanto giudice, aveva giurato di difendere, cosa che lo portò a perseguitare i Goti convertitisi al Cristianesimo.

La differenza di vedute tra i due tracciò un solco tra i Goti pagani e quelli cristiani, fino a portarli alla guerra. Atanarico sconfisse Fritigerno in battaglia, e quest'ultimo si rivolse a Valente, in cerca d'aiuto. L'Imperatore, anche'egli Cristiano ariano, portò soccorso a Fritigerno, e, per alcune fonti, fu proprio questo il motivo grazie al quale, come una delle condizioni dell'accordo tra le parti, Fritigerno si convertì al Cristianesimo.

Mentre, altre fonti, ci dicono che egli era già cristiano, essendosi convertito a seguito della predicazione missionaria di Ufila il Goto (311-383). Ufila, infatti, era stato il primo missionario a portare la nuova fede nella regione dei Goti, spinto da quanti, tra i Romani, erano convinti che l'unione dei Goti sotto la religione della Chiesa romana, li avrebbe "civilizzati", diminuendo le occasioni di conflitto. È possibile, dunque, che Fritigerno si sia convertito, con i suoi seguaci, in accordo alla richiesta di Valente, sebbene essendo i due in contatto già prima della conversione ufficiale del 376, egli molto più probabilmente, era già cristiano, ma soltanto nominalmente.

Valens, Capitoline Museums
Valente - Musei Capitolini
Mark Cartwright (CC BY-NC-SA)

Verosimilmente, come suppone lo stesso Wolfram, Fritigerno vide nell'alleanza con Valente una scorciatoia verso i territori dell'Impero, e l'insediamento della sua gente nella Tracia romana, così, alla successiva richiesta dell'Imperatore professò pubblicamente la sua conversione al Cristianesimo ariano. Tra il 367 ed il 369 Valente costrinse Atanarico allo scontro, ma il capo dei Goti surclassò pesantemente il Romani, spingendoli ad avanzare sempre di più nei suoi territori, là dove egli era favorito nel portare azioni di rappresaglia.

Le fonti non ci parlano di perdite ingenti in nessuno degli schieramenti, sebbene sia possibile, data l'inaffidabilità dei resoconti giuntici da quell'epoca storica, che fosse l'esercito di Valente ad essere più in sofferenza di quanto le fonti romane siano state disposte ad ammettere. L'esercito romano portava avanti la sua strategia marciando schierato, mentre il nemico, molto più a suo agio sul quel terreno, poteva colpire senza preavviso e svanire nuovamente nella foresta. Questa tattica di guerra dovette influire pesantemente sul morale delle truppe, abbattendolo, e, se Atanarico avesse potuto continuare a combattere, forse alla fine sarebbe risultato vincitore.

Tuttavia, l'arrivo degli Unni, gli impedì di terminare la sua impresa. Gli Unni, infatti, con varie rappresaglie, distrussero le riserve di cibo del suo esercito che, data l'interruzione dei commerci con Roma, si trovò a corto di sostentamenti. Ciò costrinse Atanarico a scendere a patti con Valente. Alla fine, i due capi stipularono un trattato, siglato a bordo di un battello, al centro del Danubio, in modo da non far venire meno il Goto al suo voto di non porre piede in territorio romano e di non compromettere lo status dell'Imperatore di Roma, costringendolo a raggiungere il capo barbaro sul suo terreno, per scendere a patti con lui.

Il trattato fu siglato esclusivamente tra Valente e quella parte dei Goti sotto il comando di Atanarico, perché Fritigerno era già un alleato di Roma. Tale divisione tra i Goti era destinata a crescere ancora di più nel giro di pochi decenni, a causa dell'invasione della regione da parte degli Unni, guidati dal loro re e condottiero, Attila.

Attila l'Unno

È comunemente ritenuto che i Goti siano giunti nei territori romani sotto la spinta degli Unni e, benché ciò sia vero per gli anni tra il 376 ed il 378, non risponde però in modo fedele, a quanto accadde complessivamente tra i Romani ed i Goti. Come già detto, c'erano molti Goti che vivevano nelle provincie di Roma ed erano arruolati nell'esercito romano. Uno tra i re Visigoti posteriori, Alarico I (r. 394-410), prestò servizio come soldato di Roma, prima della sua ascesa al trono e del conclusivo sacco di Roma del 410. La decisione di Alarico di mettere sotto assedio la città giunse soltanto dopo che, le ripetute richieste rivolte a Roma, di concedere un trattamento adeguato alla sua gente, erano state ignorate. La guerra di Alarico a Roma è una testimonianza della tensione esistente tra i Goti ed i Romani. I Goti dovevano combattere per Roma ma, troppo spesso, non erano ancora considerati alla pari dei cittadini romani.

Attila the Hun by Delacroix
Attila l'unno in una tela di Delacroix
Eugene Delacroix (Public Domain)

Un'altra "tribù barbara" presa a servizio nell'esercito romano fu quella degli Unni. Gli Unni erano una tribù nomade che viveva nella regione montuosa nota come Caucaso (il confine tra Europa ed Asia) e furono menzionati per la prima volta da Tacito nei suoi Fragments (7) come Hunnoi. Essi, dopo aver sconfitto un'altra delle tribù dei Germani, gli Alani, avanzarono contro i Greutungi (Ostrogoti) e li sottomisero.

Poi misero sotto assedio i Turingi (Visigoti), costringendoli a riversarsi entro i confini di Roma. Nel 376 Fritigerno chiese asilo sotto la protezione di Roma all'Imperatore Valente. La richiesta fu accolta ed i Goti, guidati da Fritigerno attraversarono il Danubio, stabilendosi nei territori romani. Il pessimo trattamento riservato ai Goti dagli amministratori della provincia romana in cui si erano insediati, sfociò nella loro rivolta con a capo Fritigerno e nella Battaglia di Adrianopoli (9 agosto 378) nella quale Valente sarebbe rimasto ucciso e da cui l'Impero non si sarebbe mai più ripreso. Molti storici, con lunga tradizione, hanno indicato la Battaglia di Adrianopoli come la vera fine dell'Impero Romano, e parlano dell'invasione degli Unni, che ebbe come conseguenza l'arrivo dei Goti fino a Roma, come della sua principale componente.

Gli Unni pur essendo di frequente arruolati come mercenari nell'esercito romano, e ciò anche dopo l'ascesa di Attila al potere come capo supremo, rappresentarono una minaccia continua per Roma. Per quanto grande possa essere stato il ruolo avuto da Attila nella rovina di Roma, maggiore fu senz'altro l'impronta che egli diede al futuro dei Goti. Fu a causa delle prime incursioni degli Unni nei territori dei Goti del 376 che questi ultimi si videro costretti ad attraversare il Danubio per ritrovarsi nei domini di Roma, fornendo in tal modo il classico argomento a favore della più diffusa tradizione "dell'invasione Gotica" dell'Impero Romano, ma fu dovuto alle campagne militari di Attila se i Goti si disunirono sempre si più, fino a disperdersi.

Nel 435 Attila e suo fratello, Bleda, stipularono con Roma il Trattato di Margus, che avrebbe dovuto consentire la stabilità della pace; ma, di lì a poco, loro stessi ruppero i patti ed iniziarono nuovamente a depredare i territori romani. Dopo aver saccheggiato molte città, sterminandone la popolazione, pretesero ingenti somme di denaro da Roma per evitare di ripetere le incursioni.

Alla morte di Bleda, nel 444, Attila rimase capo assoluto degli Unni, ed intraprese una strategia di attacchi incessanti ai danni dell'Impero. Invase nel 446/447 la regione della Moesia (i Balcani) spingendosi fino alla Gallia (451) e all'Italia (452), continuando la sua azione fino alla morte, sopravvenuta nel 453. L'invasione degli Unni divise i Goti, a ciò contribuì ancor di più la guerra portata fino a Roma, con gli Ostrogoti che parteggiarono prevalentemente con gli Unni, mentre i Visigoti li combatterono. Nella famigerata Battaglia svoltasi nel 451 in Gallia, ai Campi catalaunici (Dipartimento della Marna - Francia), c'erano in entrambi gli schieramenti in conflitto, sia Goti che Alemanni.

A seguito della morte di Attila, le fazioni armai createsi tra i Goti, conservarono la loro distinta identità. È possibile che il re d'Italia, Odoacre (c. 434-493), fosse tanto un Visigoto, quanto un Ostrogoto, o appartenente ad un altro gruppo etnico tra quelli della Germania ma qualunque fosse la sua provenienza, una volta al potere si preoccupò del gruppo di Visigoti che costituiva il grosso dell'esercito sotto il suo comando, distribuendogli quel terzo del territorio italiano che costituiva il frutto delle sue conquiste.

Mentre, gli Ostrogoti che avevano combattuto per Attila, sia che si fossero poi associati alle truppe romane o che fossero tornati verso le loro terre d'origine, alla fine si ritrovarono tutti arruolati sotto Teodorico il grande, re degli Ostrogoti. Teodorico nel 493 sconfisse, uccidendolo, Odoacre e divenne re d'Italia. Poi, riuscì a comandare sui due regni, divisi ma uguali, dei Romani e dei Goti, fino alla sua morte, nel 526.

Dopo la sua scomparsa il paese precipitò nel disordine, fino ad arrivare alla II Guerra Gotica (535-554). Negli anni conclusivi di tale guerra, i Goti in Italia erano guidati dal re degli Ostrogoti Baduila (meglio noto con il nome di Totila) e si scontrarono con le forze dell'Impero Romano d'Oriente, al cui comando si trovava il generale Belisario. Totila fu sconfitto nel 552 nella Battaglia di Tagina (Gualdo Tadino, PG), finendo vittima degli scontri. Ma le rivalità non finirono con la sua morte, ed i Goti continuarono a combattere per la loro indipendenza da Roma fino a quando non furono definitivamente vinti nella Battaglia dei Monti Lattari, alla fine del 552.

Le loro rivendicazioni finirono in tal modo e, dal 554, i Goti iniziarono a disperdersi nelle varie regioni geografiche dell'Europa continentale (le odierne Italia, Francia e Spagna), e, dopo il 562 il nome stesso degli "Ostrogoti" finì per cadere nell'oblio, mentre il regno dei Visigoti divenne quello dei Franchi. I loro nomi oggi appartengono soltanto alla storia.

Europe in 526 CE
L'Europa nel 526 d. C.
Ramsey Muir (Public Domain)

Eredità

Lo storico Herwig Wolfram scrive:

Chiunque si cimenti nell'affrontare come materia di studio la storia dei Goti, deve aspettarsi di essere frainteso, contraddetto o addirittura preso di mira. Ciò non deve sorprenderci, poiché l'argomento è carico del peso ideologico espresso con zelo nei secoli sia per combattere i Goti in quanto incarnazione di ogni malvagità ed ogni male sia, in alternativa, per identificarsi con loro e con la loro gloriosa storia. (1)

Wolfram osserva che, nessun'altra popolazione, come potrebbe essere quella dei Celti, ad esempio, sembra avere un tale bagaglio storico ed emotivo, come quello dei Goti. Loro sono, infatti, o tradizionalmente accusati di aver distrutto la civiltà espressa dall'Impero Romano, facendo così piombare la cultura occidentale nei secoli oscuri del Medioevo o visti come gli eroi che si rifiutarono di sopportare in modo remissivo il giogo di Roma (con figure esemplari quali Atanarico, Fritigerno, Alarico I e Totila). Nondimeno è assolutamente plausibile associare i Goti ad entrambi questi ruoli. Gli studi più attuali, infatti, mostrano una visione dei Goti molto più equilibrata di quella dicotomica o/o, con cui sono stati inquadrati da così tanto tempo. Lo storico Philip Matyszak scrive a riguardo:

Fino ai nostri giorni è stato tacitamente accettato che la civilizzazione dei Romani fosse una cosa buona. Roma avrebbe portato la fiaccola della civiltà nell'oscurità dei Barbari, e dopo la fermezza con cui realizzò le sue conquiste, Roma avrebbe portato la Legge, l'Architettura, la Letteratura ed altri, simili, benefici ai popoli conquistati... Ora possiamo, però, dare una lettura differente ed alternativa di tutto ciò, e dire che Roma divenne sì l'unica civiltà del Mediterraneo, ma cancellandone almeno altre sei. Alcune di queste erano altrettanto sviluppate di Roma, o forse lo erano anche di più. Le altre stavano crescendo, e ciò che sarebbero potute essere alla fine della loro evoluzione, è stato perso per sempre. (9)

Poiché la storiografia ha utilizzato prevalentemente fonti romane nella ricostruzione della storia dei Goti, questi ultimi finirono per essere associati di frequente al concetto di "Barbari incivili" o "Nobili selvaggi". Ma, in realtà, non erano nessuna delle due cose. Così come sostiene Wolfram, non è possibile presentare la loro storia come si fa con quella dei popoli germanici, o slavi e neanche di nessun'altro dei popoli dei nostri giorni (74-75).

I Goti entrarono nella storia in un momento cruciale del declino dell'Impero Romano, facendo la loro parte in una dinamica oramai ineluttabile. Una volta chiusasi la fase storica dell'Impero, regnarono su due grandi regni: uno fu quello di Odoacre e Teodorico il Grande in Italia, mentre l'altro si realizzò nei territori dell'odierna Francia (con Teodorico I). In Totila, l'ultimo dei grandi re degli Ostrogoti, ebbero uno dei più brillanti capi militari della storia, all'altezza del leggendario generale di Roma, Belisario, noto come "l'ultimo dei romani". Furono proprio i successi militari di quest'ultimo a porre fine alla storia dei Goti.

Pertanto rimane arduo in un primo momento circoscrivere l'eredità dei Goti nel mondo di oggi, fino a quando non si comprende che senza di loro il mondo moderno non sarebbe uguale. Il regno di Odoacre mantenne alcune delle migliori peculiarità dell'Impero dei Romani, ed altrettanto riuscì a fare Teodorico il Grande. La civiltà occidentale continuò, in tal modo, dopo la caduta di Roma, dato che essa era in una fase di continuo e graduale disfacimento, e sarebbe comunque crollata, anche se i Goti non avessero mai messo piede nei suoi territori; furono proprio i Goti a tenere alto il vessillo della civiltà occidentale, pur essendo stati loro a dare la spallata finale all'Impero da cui aveva avuto origine.

Domande e risposte

Chi erano i Goti?

I Goti erano una delle tribù dei Germani, di cui abbiamo notizie storiche dall'era romana. Sebbene la loro cultura fosse molto elaborata, sono ricordati prevalentemente come i "Barbari" che contribuirono in modo decisivo alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente.

Da dove provenivano in origine i Goti?

Sui luoghi d'origine dei Goti il dibattito è ancora aperto, ma molti studiosi ipotizzano la loro provenienza dalla Scandinavia.

Quando fu tradotta la Bibbia nel linguaggio dei Goti?

La Bibbia fu tradotta nel 350 dal Greco nella lingua dei Goti dal missionario goto, Ufila.

Perché i Romani consideravano i Goti barbari?

I Romani consideravano i Goti Barbari perché il loro linguaggio era incomprensibile e le loro usanze differenti.

Info traduttore

Gennaro Meccariello
Gennaro è uno studioso di storia locale ed è appassionato di storia. Laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Benevento, è interessato in particolar modo alla storia medievale, alla storia delle istituzioni ed alla storia contemporanea.

Info autore

Joshua J. Mark
Scrittore freelance ed ex Professore part-time di Filosofia presso il Marist College (New York), Joshua J. Mark ha vissuto in Grecia ed in Germania, ed ha viaggiato in Egitto. Ha insegnato storia, scrittura, letteratura e filosofia all'Università.

Cita questo lavoro

Stile APA

Mark, J. J. (2014, ottobre 12). Goti [The Goths]. (G. Meccariello, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/1-13289/goti/

Stile CHICAGO

Mark, Joshua J.. "Goti." Tradotto da Gennaro Meccariello. World History Encyclopedia. Modificato il ottobre 12, 2014. https://www.worldhistory.org/trans/it/1-13289/goti/.

Stile MLA

Mark, Joshua J.. "Goti." Tradotto da Gennaro Meccariello. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 12 ott 2014. Web. 27 apr 2024.